Le ceneri

Le ceneri

Scavo sotto le ceneri di un passato che giace devastato ai miei piedi. Scosto, quasi con delicatezza, quei frammenti anneriti e ingrigiti che hanno perso ogni consistenza, cercando di trovare ancora il rossore di una passione che si è spenta, è svanita, si è annullata nell’indifferenza quotidiana.

Tuttavia nulla pare più brillare nel silenzio monocromatico della mia anima, nulla pare aver conservato quel minimo ardore che avrebbe lasciato viva la speranza. Mi aggiro fra questi detriti, considerando che non ha molta importanza quale sia la forza devastante che porta alla rovina, se un uragano sia più distruttivo di un incendio o un terremoto, quando il destino si abbatte con forza sulle nostre vita, non rimane più niente, se non tirare le somme e pagare i conti.

Gli “avrei potuto”, “avrei dovuto”, non hanno davvero più senso, non servono a nulla e rimestare ancora in queste ceneri, ha lo stesso sapore acido del fallimento che invade la bocca, bruciando il gusto per la vita, per quel futuro che è morto e sepolto sotto la stessa tonnellata di macerie che mi circondano.

È passato del tempo dall’ultima volta in cui ho rovistato fra i carboni, trovando ancora qualche tizzone acceso, la stessa speranza che portava a credere che, se sussisteva ancora quell’alito di vita, avrei potuto ancora accendere una fiamma per illuminare il cammino, ma quel tempo è finito. Non vi è più nulla che possa produrre quell’energia in grado di ravvivare il fuoco. Non vi è più nulla se non il silenzio.

Ciò che raccolgo ormai si sbriciola fra le dita, diventando la polvere che viene trascinata via dal vento. Lo stesso vento che spazzerà via tutto, disperdendo i frammenti di un’esistenza passata nell’immenso spazio di un domani celato dal fumo. Cancellerà, al suo passaggio, ogni traccia di ciò che è stato, di quello che ho provato, di ciò che ho vissuto, lasciando nuovamente il terreno sgombro dalla distruzione che è avvenuta. L’ultimo sguardo che dedico a tutto questo, serve solo a ricordarmi che non vi è nulla di certo, nulla di così solido e incrollabile che possa resistere alla furia degli elementi, quando questi si scatenano, tutto ha la sua valenza relativa, il suo effimero scopo in questa vita mortale e passeggera.

Basta un nulla, una favilla qualsiasi per alimentare un fuoco che, perdendo il controllo, diventa l’incendio distruttore di noi stessi. Ed è stato davvero un attimo. L’attimo in cui il sussurro è diventato tempesta, l’attimo in cui quel “basta”, mormorato quasi in modo incerto all’inizio, ha preso forza, alimentandosi con lo stesso furore scaturito dalla negazione, da quei continui rifiuti dati nella totale inconsapevolezza di quanto stava accadendo.

Raccolgo me stessa, le briciole di me, ricomponendo, affliggendomi, le ferite aperte, lenendole con quel poco di orgoglio che ancora mi avanza. Non mi guarderò più indietro, non tornerò fra quelle rovine, cercando ancora fra quelle ceneri una scintilla occhieggiante. Andrò avanti, un passo dopo l’altro, lasciando volute di fumo sulla scia delle mie orme.

L’alba mi accoglie disperdendo le spirali grigie, gli sbuffi della notte, aprendosi verso un giorno le cui tinte ricordano ancora l’incendio devastante, i colori sono forti, intensi, dolorosi, ma come sempre accade, con il tempo arriveranno le sfumature, i pastelli, le pennellate leggere.

La cenere scende, mi abbandona, svolazza verso il terreno impregnandolo, mischiandosi al terriccio e rendendolo fertile, creando quella base affinché un domani qualcosa vi possa crescere ancora.

© 2015 di Irma Panova Maino

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