La recensione alla Resa di Oliviero Angelo Fuina

La recensione alla Resa di Oliviero Angelo Fuina

 

Premetto che è il primo libro che leggo di questa brava autrice pur avendo già apprezzato in altri contesti la maestria della sua penna, e il piacere di tuffarmi in un noir incalzante e crudo è stato davvero intenso, come il dipanarsi appunto della trama de “La resa degli innocenti”.

La sinossi è certo nota: Barbara è una donna già segnata duramente dalla vita dalla morte tragica di suo marito in un incidente stradale. Supera gioco forza lo strazio quando scopre subito dopo di aspettare un figlio. È proprio suo figlio Marco a darle la forza di superare il dolore di quella morte e aggrapparsi alla vita, riversando, e dedicando, la propria per dodici anni a crescere il frutto di quell’amore terrenamente reciso.

Ma un dramma ancora più immenso l’aspetta per infierire quasi mortalmente sulla sua psiche: il figlio dodicenne scompare e di lui non si ha più traccia. A nulla valgono indagini e ricerche.
A cosa si può aggrappare una madre di fronte a questo immenso dolore? Alla speranza di saperlo ancora vivo, anche se la ricerca della verità trova sbocchi da incubo nel mondo sommerso della pedofilia. Dopo un periodo di depressione Barbara si trasforma in una giustiziera imboccando a ritroso le oscure strade di questo immondo mondo sommerso.

Molte sono le emozioni che stringono la gola al lettore nel dipanarsi di questa tragica storia.
Dall’angoscia che empaticamente, grazie all’indubbio talento della Panova Maino, si trasmette da Barbara al lettore quando in un tranquillo e banale pomeriggio Marco non rientra a casa. Paura, terrore, speranza, impotenza e angoscia si riversano a fiotti dalla madre che intuisce, presagisce, ancora spera e si dilania nell’impotente attesa rimbalzando tra telefonate drammatiche e terrore impotente. Le ricerche non danno alcun risultato e il mistero sulla sorte di Marco è totale come totale è la prostrazione di questa donna alla quale la vita sferra l’ennesimo e finale colpo distruttivo.

Nemmeno il tempo di metabolizzare questa tangibile e reale angoscia che l’autrice salta improvvisamente in avanti nel tempo di cinque anni.
Cosa può tenere ancora in vita una madre che ha perso letteralmente suo figlio? La sete inappagante di verità e il primordiale desiderio di giustizia. Di una giustizia feroce e determinata a perseguire chiunque, in base a sue personali ricerche affrontate a discapito della sua stessa dignità di essere umano, possa in qualche modo appartenere a questo inferno sommerso che gioca con la vita degli innocenti per depravati piaceri ingiustificabili.

Barbara rinuncia a se stessa a partire dal suo stesso nome. “Quella” Barbara non esiste più, diventando dapprima Barbarian e poi semplicemente Rian.
Il registro narrativo cambia di pari passo con la trasformazione di lei e il lettore si ritrova ora a pensare ed agire come la più spietata delle nemesi e l’orrore per l’efferatezza delle uccisioni di chi si è macchiato di aberrante pedofilia si alterna col piacere di eliminare dalla faccia della terra persone ignobili. Il tutto attraverso la mente drammaticamente lucida di Rian. L’empatia è totale.

Quando sembra che Rian si stia avvicinando a conoscere la sorte di Marco ecco apparire al suo fianco un uomo misterioso, un assassino che la affianca con spiazzante dolcezza e che di lei sembra conoscere e comprendere tutto, pur se Rian stessa non riesce a inquadrarlo davvero e a capirne la sua reale essenza. Il lettore può solo cercare di intuirne il ruolo in supposizioni quasi oniriche e metafisiche.
Irma Panova Maino mi si dice che si avvale sempre di figure fantasy nei suoi romanzi e anche in questo non ha potuto esimersi. Per nostro godimento letterario.

Cosa può dar pace a una madre che sta perdendo sempre più la speranza di riabbracciare il proprio figlio e che per questa ricerca di verità si è trasformata lei stessa in una spietata e fredda assassina?
Conoscere infine la sorte reale del figlio.

Tutto questo suo viaggio sembra portarla ad avere finalmente una risposta per abbandonarsi infine alla pace reale e definitiva, l’unica che può ormai ambire.
Nel finale intenso e drammatico al lettore quasi manca l’aria e pur trovando alcune risposte, altre domande rimarranno sospese tra ipotesi e supposizioni e anche quando l’ultima pagina sarà letta non sarà assolutamente facile accantonare nel dimenticatoio questo suggestivo e catartico romanzo.

Un romanzo, questo, da leggere assolutamente! Per quello che mi riguarda sarà mio piacere e dovere leggere anche gli altri romanzi di questa brava e suggestiva autrice. Chapeau, Irma Panova Maino!

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