Recensione a Scintilla Vitale di Oliviero Angelo Fuina

Recensione a Scintilla Vitale di Oliviero Angelo Fuina

Un romanzo “fantasy” scritto con stile accattivante e fluido che non può non catturare l’interesse dei lettori, anche quelli magari restii al paranormale e all’universo narrativo di vampiri e licantropi.

“Scintilla vitale” è molto di più e molto si discosta dalle varie saghe di vampiri che ultimamente hanno invaso il mercato letterario e cinematografico.

La vera trama portante è l’amore e la passione che unisce e divide i tre splendidi protagonisti resi magnificamente vivi dal talento narrativo di Irma Panova Maino: Carrie, una donna umana con un passato di violenze subite e prostituta di professione, malata di AIDS e con poche aspettative di vita; Reese, un vampiro tenebroso dai modi quasi sgarbati e burberi ma protettivo nei confronti di Carrie; Devlin, un licantropo forte e gentile, simpatico e amico intimo e “socio in affari” proprio con Reese e con la coinvolta Carrie.

Un trio destinato ad intrecciare interessi di giustizia e passioni violente che appunto sapranno appassionare tutti i lettori.

Intrigante ed interessante come l’autrice ha saputo far agire Carrie, una donna forte, cinica e coraggiosa, sprezzante apparentemente del pericolo e indomabile nei giochi di seduzione. Non si può non amarla da subito. Ottimamente caratterizzate da dialoghi altamente credibili le mille contraddizioni emotive che investono i tre protagonisti di tre “razze” diverse. Sono rimasto piacevolmente colpito dalla credibilità di questi universi di fantasia immersi nel quotidiano conosciuto e consueto, dalla semplicità di coesistenza in una trama narrativa appunto credibile. Un romanzo che poi si arricchisce di particolari inediti sulla vita dei licantropi e delle tante ovvie similitudini con i lupi che vivono in branco quali i licantropi del tipo “Alfa”, la fedeltà insita in questa razza di mutanti  verso “l’Unica” e le tipologie di trasformazione, tipo quella di Devlin, “Benedetta dalla luna”.

Un patto col lettore sicuramente mantenuto da Irma Panova Maino.

Della brava autrice avevo già letto “La resa degli innocenti” che mi ha spinto a dar fiducia a quest’altro romanzo di genere da me non particolarmente amato e mai fiducia da parte mia è stata meglio riposta! A lei il mio grato plauso e a voi il sincero consiglio di non perdervi questa bella lettura.

La recensione alla Resa di Oliviero Angelo Fuina

La recensione alla Resa di Oliviero Angelo Fuina

 

Premetto che è il primo libro che leggo di questa brava autrice pur avendo già apprezzato in altri contesti la maestria della sua penna, e il piacere di tuffarmi in un noir incalzante e crudo è stato davvero intenso, come il dipanarsi appunto della trama de “La resa degli innocenti”.

La sinossi è certo nota: Barbara è una donna già segnata duramente dalla vita dalla morte tragica di suo marito in un incidente stradale. Supera gioco forza lo strazio quando scopre subito dopo di aspettare un figlio. È proprio suo figlio Marco a darle la forza di superare il dolore di quella morte e aggrapparsi alla vita, riversando, e dedicando, la propria per dodici anni a crescere il frutto di quell’amore terrenamente reciso.

Ma un dramma ancora più immenso l’aspetta per infierire quasi mortalmente sulla sua psiche: il figlio dodicenne scompare e di lui non si ha più traccia. A nulla valgono indagini e ricerche.
A cosa si può aggrappare una madre di fronte a questo immenso dolore? Alla speranza di saperlo ancora vivo, anche se la ricerca della verità trova sbocchi da incubo nel mondo sommerso della pedofilia. Dopo un periodo di depressione Barbara si trasforma in una giustiziera imboccando a ritroso le oscure strade di questo immondo mondo sommerso.

Molte sono le emozioni che stringono la gola al lettore nel dipanarsi di questa tragica storia.
Dall’angoscia che empaticamente, grazie all’indubbio talento della Panova Maino, si trasmette da Barbara al lettore quando in un tranquillo e banale pomeriggio Marco non rientra a casa. Paura, terrore, speranza, impotenza e angoscia si riversano a fiotti dalla madre che intuisce, presagisce, ancora spera e si dilania nell’impotente attesa rimbalzando tra telefonate drammatiche e terrore impotente. Le ricerche non danno alcun risultato e il mistero sulla sorte di Marco è totale come totale è la prostrazione di questa donna alla quale la vita sferra l’ennesimo e finale colpo distruttivo.

Nemmeno il tempo di metabolizzare questa tangibile e reale angoscia che l’autrice salta improvvisamente in avanti nel tempo di cinque anni.
Cosa può tenere ancora in vita una madre che ha perso letteralmente suo figlio? La sete inappagante di verità e il primordiale desiderio di giustizia. Di una giustizia feroce e determinata a perseguire chiunque, in base a sue personali ricerche affrontate a discapito della sua stessa dignità di essere umano, possa in qualche modo appartenere a questo inferno sommerso che gioca con la vita degli innocenti per depravati piaceri ingiustificabili.

Barbara rinuncia a se stessa a partire dal suo stesso nome. “Quella” Barbara non esiste più, diventando dapprima Barbarian e poi semplicemente Rian.
Il registro narrativo cambia di pari passo con la trasformazione di lei e il lettore si ritrova ora a pensare ed agire come la più spietata delle nemesi e l’orrore per l’efferatezza delle uccisioni di chi si è macchiato di aberrante pedofilia si alterna col piacere di eliminare dalla faccia della terra persone ignobili. Il tutto attraverso la mente drammaticamente lucida di Rian. L’empatia è totale.

Quando sembra che Rian si stia avvicinando a conoscere la sorte di Marco ecco apparire al suo fianco un uomo misterioso, un assassino che la affianca con spiazzante dolcezza e che di lei sembra conoscere e comprendere tutto, pur se Rian stessa non riesce a inquadrarlo davvero e a capirne la sua reale essenza. Il lettore può solo cercare di intuirne il ruolo in supposizioni quasi oniriche e metafisiche.
Irma Panova Maino mi si dice che si avvale sempre di figure fantasy nei suoi romanzi e anche in questo non ha potuto esimersi. Per nostro godimento letterario.

Cosa può dar pace a una madre che sta perdendo sempre più la speranza di riabbracciare il proprio figlio e che per questa ricerca di verità si è trasformata lei stessa in una spietata e fredda assassina?
Conoscere infine la sorte reale del figlio.

Tutto questo suo viaggio sembra portarla ad avere finalmente una risposta per abbandonarsi infine alla pace reale e definitiva, l’unica che può ormai ambire.
Nel finale intenso e drammatico al lettore quasi manca l’aria e pur trovando alcune risposte, altre domande rimarranno sospese tra ipotesi e supposizioni e anche quando l’ultima pagina sarà letta non sarà assolutamente facile accantonare nel dimenticatoio questo suggestivo e catartico romanzo.

Un romanzo, questo, da leggere assolutamente! Per quello che mi riguarda sarà mio piacere e dovere leggere anche gli altri romanzi di questa brava e suggestiva autrice. Chapeau, Irma Panova Maino!