Dove riposa la mia penna

Una penna è per sempre, ma un libro è eterno.

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In questi giorni scrivo, molto, troppo e nulla di quello che vorrei. Non dovrei nemmeno lamentarmi, dal momento che quello che scrivo mi permette di tirare avanti. Tuttavia, le parole, le frasi, i versi, si compongono automaticamente, come se fossero preconfezionati, apposti in caselline pronte per l’uso, ognuna con la sua bella etichetta e istruzioni idonee. Il mio cervello lavora a compartimenti stagni, ticchettando, insieme alle dita, sulla tastiera del pc, mentre la mente si trova in altri luoghi, persa in considerazioni di altro genere.

La mia maledizione, quella che mi porto dietro da sempre, è sempre stata quella di andare contro corrente. Di fronteggiare i fenomeni del momento dal lato opposto. Ed ora, quando tutto il mondo che ho intorno pare voglia mettersi a scrivere, voglia cimentarsi su per quelle salite impervie e irte di ostacoli, a me viene solo voglia di tornare a leggere. Ovvero di riporre con cura la mia penna virtuale in un cassetto, insieme a testi iniziati e non ancora finiti, insieme alle trame pensate e mai trasformate in scritti, insieme a manoscritti già editati e pronti, ma mai inviati.

L’autunno è un periodo bastardo  nel quale decidere per il prossimo futuro. Le foglie che ingialliscono e cadono portano a riflessioni non sempre positive ma, al contrario, sottolineano la futilità dell’attimo. Siamo destinati a lasciare i rami spogli, secchi e apparentemente morti, l’affannarsi porta solo ad accorciare il tempo rimasto, rendendolo vano. Quindi, tornare alle origini, ai momenti in cui erano i libri a far sognare e non la penna, diventa quasi una necessità, l’istante catartico in cui tutto si rimescola e la realtà assume nuove forme. Il tempo mi aggredisce con le sue scadenze ravvicinate e gli appuntamenti incessanti, non ne resta molto per osservare lo svolgersi della propria vita interiore. E ancor meno ne resta per fondere la realtà con la fantasia, estraendo nuovi dipinti dal cilindro del cappellaio matto. In questo momento i colori sbiadiscono, diventando opachi sotto la lente delle ore che scorrono. I suoni si appiattiscono, divenendo distorti nei picchi, privi di quella limpidezza necessaria per apprezzare le sfumature di un arrangiamento creativo. Le parole sfuggono già nell’istante in cui prendono forma, lasciando solo una debole traccia di sé, come l’ombra perduta di Peter Pan.

E allora lascio riposare la mia penna. Lascio che prenda quel giusto respiro che potrebbe servirle a riacquistare nuova vita, oppure… chissà. Non è mai un addio, nemmeno un arrivederci, ciò che è già scritto è destinato a durare. Ciò che ancora dev’essere espresso, un domani potrebbe avere nuove linee. Per il momento un libro mi attende e tanto mi basta.

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